30 anni fa la mafia uccideva Matteo Toffanin a Padova.
Matteo è stato una vittima innocenti di mafia, uno dei tanti ammazzati per errore, vittima della prepotenza mafiosa.
Un omicidio che ha scosso il Veneto in un tempo in cui la mafia si pensava non potesse mai arrivare al nord .
Invece c’era già da tempo e proliferava. Nell’ombra.
“I chiaroscuri di queste pagine, tutte giocate sui forti contrasti di colore, raccontano meglio ancora delle parole la storia di Matteo Toffanin. Una storia struggente, fatta di luci e ombre, di angosce e speranze. […]
La faccia pulita di questo ragazzo veneto, estraneo a qualsiasi gioco criminale ma vittima innocente di una violenza che in faccia non guarda nessuno, ci interroga e ci provoca.
Sembra volerci dire: “E allora? Ancora non avete capito che tutti dovete darvi una mossa?”.
Io, che vengo dalla sua stessa terra, vorrei rassicurarlo: “Caro Matteo, lo vedi, siamo qui per te e con te!”
-Dalla prefazione all’edizione cartacea di Don Luigi Ciotti – presidente di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
Versione integrale in fondo alla storia.
Antonio Massariolo, laureato in Scienze della Comunicazione all’università di Padova con una tesi d’inchiesta giornalistica sul doping nel ciclismo intitolata “Da Coppi all’Operacion Puerto: storie di scandali in un mondo malato al suo interno”, grazie alla quale si è aggiudicato il premio “Emilio Vesce” indetto dal Corecom della Regione Veneto. Giornalista freelance, dal 2008 ha gestito la webradio dell’Università di Padova mentre dal maggio 2018 è entrato a far parte della redazione de Il Bo Live. Nel 2015 ha vinto il “Premio Goattin” indetto dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto con un progetto di audiodocumentari sui beni confiscati alla criminalità organizzata nel Veneto intitolato “109-96: qui una volta ci stava un mafioso”, trasmesso dal programma Radio Rai “Tre soldi”. Docente al Master in Comunicazione delle Scienze dell’Università di Padova ed autore del podcast “Da banditi a mafiosi: la storia della Mala del Brenta vista dalla parte di chi l’ha combattuta”. È tra i fondatori del Centro di documentazione ed inchiesta sulla criminalità organizzata del Veneto.
Giorgio Romagnoni (27 febbraio 1989). Operatore sociale libero professionista. Dopo una laurea in giurisprudenza a Trento e 5 anni di lavoro al Centro Astalli Trento, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, ora collabora con varie associazioni per progetti culturali ed è impegnato come formatore. Appassionato di cittadinanza attiva, europeismo e… fumetti.
Disegna vignette per Vita Trentina, infografiche per La Difesa del Popolo e ha illustrato La Solitudine di Omran, Reclusi e Contenti e Matteo Toffanin, quanto può crescere una quercia?.
Partecipa al collettivo di vignettisti di Sputnink, inchiostro resistente dal 2018.
http://www.ilproblemadeglialtri.it/
Associazione Filotekne è stata istituita nel 2014 con l’intento di coltivare e condividere il desiderio di conoscenza e la necessità di stimolare e approfondire interessi, indagando i vari campi delle arti, delle culture e dei saperi.
La programmazione dell’associazione si basa sulle occasioni culturali offerte dal territorio, cercando di costruire
intorno alle iniziative più interessanti una preparazione specifica e approfondita, avvalendosi di esperti e studiosi. Una particolare attenzione è riservata a eventi vicini al sociale, volti a far conoscere e a supportare realtà di volontariato, come il centro antiviolenza di Padova e il progetto di cultura alla legalità rivolto alle scuole Per non dimenticare… a 30 anni dalla morte di Matteo.
Potete contattare l’associazione alla mail associazionefilotekne@gmail.com o recandovi presso la sua sede in Via Montà 72, Padova
Di seguito la versione integrale della prefazione dell’edizione cartacea, che potete acquistare QUI.
LA QUERCIA CHE PORTA IL TUO NOME
di Don Luigi Ciotti
presidente di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
I chiaroscuri di queste pagine, tutte giocate sui forti contrasti di colore, raccontano meglio ancora delle parole la storia di Matteo Toffanin. Una storia struggente, fatta di luci e ombre, di angosce e speranze.
La luce è quella dei suoi vent’anni pieni di affetti, sogni e progetti. L’ombra è il senso di perdita e smarrimento che avvolge i suoi cari quando un vile attentato spegne la vita di Matteo.
La luce è quella della verità che amici e famiglia non si stancano di cercare. L’ombra è il nemico contro cui lottano i magistrati, un nemico fatto di omertà e rimozione, della paura dei tanti che preferiscono voltare la testa dall’altra parte piuttosto di ammettere che le mafie non sono un mondo a parte, ma una parte sempre più consistente del loro mondo.
L’ombra è l’oblio nel quale la storia di Matteo ha rischiato di finire: una dimenticanza senza rispetto e senza giustizia. La luce è la memoria che invece quella storia ha potuto salvare.
C’è una fiammella che si accende a un certo punto nell’angolo buio di una pagina.
Rappresenta la scelta d’impegno che molte persone hanno intrapreso in ricordo di Matteo: una scelta nel
segno della responsabilità e della speranza.
Capace di offrire un conforto nel dolore e un esempio a coloro che, rispetto al dolore altrui, non vogliono restare indifferenti.
La faccia pulita di questo ragazzo veneto, estraneo a qualsiasi gioco criminale ma vittima innocente di una violenza che in faccia non guarda nessuno, ci interroga e ci provoca. Sembra volerci dire: “E allora? Ancora non avete capito che tutti dovete darvi una mossa?”. Io, che vengo dalla sua stessa terra, vorrei rassicurarlo: “Caro Matteo, lo vedi, siamo qui per te e con te!
Lo siamo oggi in queste pagine come lo siamo stati per le strade della tua Padova, il 21 marzo 2019. Quel giorno migliaia di giovani e adulti, rappresentanti del mondo della scuola e del volontariato, della politica e del lavoro, della Chiesa e della cultura, hanno sfilato pronunciando forte, fra gli altri, anche il tuo nome.
Hanno voluto dire a tutti, inclusi i responsabili sconosciuti della tua morte, che non sei stato dimenticato, ma sempre ci sarà qualcuno che chiede per te verità e giustizia.”
La quercia che porta il tuo nome, voluta dai tuoi amici come simbolo di vita che continua e si rigenera, protende i suoi rami sempre più robusti verso la luce. Sotto quel cappello verde le persone che ti hanno amato si ritrovano per sentire la tua presenza viva come uno sprone a costruire una società più coraggiosa e consapevole, più giusta ed eguale, dunque anche più capace di respingere le mafie e le loro strategie di divisione e morte.
La pagine di questo libro, come le foglie di quel grande albero, siano custodi fedeli del loro e nostro impegno.